La tomografia computerizzata, in radiologia, indicata con l’acronimo TC o CT (dall’inglese computed tomography), è una metodica diagnostica per immagini, che sfrutta radiazioni ionizzanti (raggi X) e consente di riprodurre sezioni o strati (tomografia) corporei del paziente ed effettuare elaborazioni tridimensionali. Per la produzione delle immagini è necessario l’intervento di un elaboratore di dati (computerizzata).[1][2]
È nota anche come tomografia assiale computerizzata o TAC (in inglese CAT da computed axial tomography). Inizialmente infatti le immagini venivano generate solo sul piano assiale o trasversale, perpendicolare cioè all’asse lungo del corpo, ma oggi con il movimento del gantry, cioè del corpo macchina, si possono acquisire direttamente immagini in coronale. Il vero valore aggiunto delle macchine attuali però è che acquisiscono direttamente un volume intero (acquisizione spirale), cosa che permette più facilmente e con meno spesa biologica le successive ricostruzioni tridimensionali.
Anche se il suo utilizzo peculiare è nel campo della medicina, la TC è utilizzata anche in altri campi, come ad esempio test non distruttivi dei materiali; in questo ambito viene definita Tomografia industriale computerizzata. Un altro esempio è il suo utilizzo in archeologia per ottenere le immagini dei contenuti di sarcofagi o delle mummie.
L’utilizzo della TC in ambito medico è notevolmente aumentato nei due decenni a cavallo tra il XX e il XXI secolo.[3] Si stima che circa 72 milioni di scansioni siano state eseguite solamente negli Stati Uniti nel 2007.[4] Si stima inoltre che lo 0,4% dei casi di cancro attualmente in corso negli Stati Uniti sia dovuto all’esposizione alle radiazioni dei raggi X utilizzati nelle scansioni TC.
La legge dell’assorbimento dei raggi X spiega come, dato un fascio di raggi X di una certa intensità iniziale , esso venga attenuato in intensità in misura esponenzialmente decrescente al coefficiente di attenuazione di massa e al cammino percorso nel mezzo . Il coefficiente di attenuazione di massa dipende dalla densità del materiale attraversato e dall’energia del fascio di raggi X.
Quindi il fascio di raggi X attraversando un oggetto verrà attenuato tanto più quanto attraverserà materiali ad alto numero atomico, tanto più sarà bassa l’energia e maggiore sarà lo spessore attraversato; viceversa, se attraversa un materiale a bassa densità, percorre uno spessore piccolo e l’energia è più alta, allora l’attenuazione sarà minore. Questo è il motivo per cui nelle radiografie analogiche gli oggetti a densità maggiore appaiono chiari (massima attenuazione) e gli oggetti a densità minore appaiono più scuri (minima attenuazione).
Il principio su cui si basa la ricostruzione tomografica è che acquisendo tante proiezioni radiografiche dello stesso oggetto ad angolazioni diverse è possibile ricostruire l’oggetto nella sua terza dimensione. Infatti acquisendo una radiografia in pratica si ottiene una misura integrale (cioè una somma lungo il percorso) dell’attenuazione del fascio di raggi X lungo una certa direzione. Riprendendo altre proiezioni a diversi angoli si ottengono altre misure che possono essere utilizzate per risolvere il problema inverso della ricostruzione dell’oggetto che le ha generate. Per ottenere la terza dimensione si utilizzano complessi algoritmi matematici tra i quali i metodi di retropriezione filtrata (algoritmo Filtered Back Projection, FBP) se il fascio di raggi X è parallelo o a ventaglio, il metodo di Feldkamp se il fascio è conico oppure metodi iterativi[6]. Ovviamente per poter applicare questi algoritmi è necessario riprendere le proiezioni radiografiche in immagini digitali cioè una matrice di numeri organizzata il cui più piccolo elemento è chiamato pixel e il valore al suo interno è un numero in scala di grigi a cui corrisponde una misura dell’attenuazione del fascio in quel punto. Dopo aver applicato gli algoritmi di ricostruzione si ottiene un’immagine digitale che rappresenta la distribuzione della densità dell’oggetto in una sua sezione interna (slice) e il cui più piccolo elemento viene chiamato voxel in quanto si tratta di un elemento di volume. Quanto più piccolo è il volume rappresentato da un voxel, tanto maggiore è la risoluzione spaziale.
Al fine di confrontare i risultati della tomografia ottenuti da diversi strumenti tomografici si definisce e si prende a riferimento la Scala di Hounsfield[7]. L’unità di misura dei valori numerici ricostruiti è HU (unità di Hounsfield). Il numero all’interno del voxel è detto , rappresenta la densità dell’oggetto in quel punto e si misura in HU se opportunamente calibrato secondo la seguente relazione:
La formula per il calcolo delle HU evidenzia come l’acqua venga presa a riferimento. Infatti il numero CT dell’acqua è ovviamente 0 HU; la densità dell’aria è considerata nulla e quindi il numero CT dell’aria assume un valore di -1000 HU; per l’osso, che ha una densità all’incirca doppia di quella dell’acqua, il numero CT è +1000 HU.
Le dimensioni di un’immagine tomografica in uno scanner medicale standard sono normalmente di 512×512 voxel e profondità di 16 bit/pixel, anche se la tecnologia attuale permette di ottenere risultati anche migliori sia in termini di numero di voxel che di risoluzione spaziale. La metodica TC consente risultati migliori della radiologia tradizionale per quanto riguarda la differenziazione dei tessuti molli. Infatti la TC produce un volume di dati che possono essere manipolati, attraverso un sistema noto come “windowing”, per visualizzare le varie strutture anatomiche interne di un corpo in base alla loro capacità di attenuare il fascio di raggi X. Lo studio TC, a seconda dei distretti corporei e degli organi da valutare, può essere implementato con l’infusione di mezzo di contrasto endovenoso organo-iodato, che consente una migliore differenziazione di strutture con densità simile, o la valutazione della stessa struttura in tempi diversi, con acquisizioni multiple delle immagini e attraverso l’uso di un iniettore a flusso variabile.
Il tomografo computerizzato
L’emettitore del fascio di raggi X ruota attorno al paziente ed il rivelatore, al lato opposto, raccoglie l’immagine di una sezione del paziente; il lettino del paziente scorre in modo molto preciso e determinabile all’interno di un tunnel di scansione, presentando a ogni giro una sezione diversa del corpo. Le sequenze di immagini, assieme alle informazioni dell’angolo di ripresa, sono elaborate da un computer, che presenta il risultato sul monitor. Tale risultato è costituito da una serie di sezioni non necessariamente contigue di spessore preimpostato: l’insieme delle sezioni ricostruite costituiscono i dati inerenti al volume di scansione che possono essere ricostruiti da un software di rendering tridimensionale per produrre immagini tomografiche di qualsiasi piano spaziale (frontale, sagittale, assiale) o, in alternativa, per ottenere immagini tridimensionali o endoscopiche. Per ottenere le immagini tomografiche del paziente a partire dai dati “grezzi” della scansione (RAW Data) il computer dedicato alla ricostruzione impiega complessi algoritmi matematici di ricostruzione dell’immagine. I processi più importanti per ottenere le immagini dai dati grezzi sono la convoluzione e la retroproiezione o backprojection (trasformata di Radon). Le immagini di partenza di tutte le sezioni vengono normalmente registrate su un sistema di archiviazione (PACS) e le sezioni più importanti vengono talvolta stampate su pellicola. Il rivelatore ad alta efficienza è normalmente costituito da cesio ioduro, calcio fluoruro, cadmio tungstato.
Il tomografo di I generazione si basava sull’emissione di un fascio lineare di raggi X emesso da un tubo radiogeno in movimento di traslazione e di rotazione e rilevato da un rilevatore solidale nel movimento. Il tempo di esecuzione dello studio era dell’ordine dei minuti.
Nel tomografo di II generazione il fascio di raggi X ha una geometria a ventaglio di 20-30º connesso con un gruppo di 20-30 rilevatori: il tempo di esecuzione era ridotto a decine di secondi.
I tomografi di III generazione impiegano un fascio di raggi X a ventaglio di 30-50º che possono comprendere tutta la sezione corporea in esame, attraverso centinaia di rilevatori contrapposti, che compiono una rotazione completa attorno al paziente in 1-4 secondi. Nei primi modelli, ad una rotazione ne seguiva un’altra nel senso inverso, in modo che i cavi di alimentazione ritornassero nella posizione di partenza, senza attorcigliarsi. Tale metodica obbligava all’acquisizione di un solo strato per volta.
Una TAC di pronto soccorso (Ospedale di Ancona Torrette).I tomografi di IV generazione presentavano sensori fissi disposti circolarmente su tutto l’anello del gantry e sono stati abbandonati. I tomografi moderni derivano da quelli di terza generazione ma hanno una caratteristica fondamentale, quella di acquisire a spirale: nei tomografi a rotazione continua unidirezionale infatti il tubo radiogeno e i rilevatori sono montati su un anello rotante che si alimenta a “contatti striscianti” (slip ring), senza più il problema dei cavi che si attorcigliano. Questa metodica consente l’acquisizione delle immagini in modo continuo: mentre il tavolo che porta il paziente si muove su un piano di scorrimento, i piani di scansione descrivono un’elica attorno al paziente, ottenendo una scansione “a spirale”. I tomografi spiroidei più comuni compiono una rotazione in più o meno un secondo e consentono un’acquisizione completa di un volume corporeo in 40 secondi – un minuto: questa avviene in un’unica apnea, riducendo gli artefatti di movimento del paziente. I moderni tomografi multistrato possono impiegare anche solo pochi secondi, ottenendo decine di scansioni per ogni singola rotazione. Tomografi superveloci possono consentire lo studio del cuore. Recentemente è stata ideata anche una tecnica che consente l’esecuzione di una vera e propria colonscopia virtuale. Sempre recentemente si assiste alla comparsa di TC con doppio tubo radiogeno, dette “dual source”. Queste TC dispongono per l’appunto di due tubi radiogeni che funzionano a differenti energie; in questo modo, a causa della differente attenuazione dei tessuti sulle radiazioni a energia differente, si riesce ad avere una risoluzione di contrasto migliore.
Tecnologia multistrato
I tomografi computerizzati a multi-strato sono una nuova famiglia di tomografi ad alto livello di dettaglio anatomico (fino a 0,5 mm) e di recente introduzione della quale i primi esempi risalgono al 1998. Una corona di sensori (detti detettori) registrano l’attenuazione di un fascio radiogeno (raggi X) rotante intorno ad un soggetto e trasformano attraverso elaborazioni matematiche questi dati in immagini leggibili da radiologi esperti. Le prime TC multistrato (o multislice) avevano 2 corone di detettori.
Ad oggi le migliori hanno 640 file di detettori. Sono possibili indagini accurate di endoscopia virtuale del colon in alternativa al clisma opaco (ma la colonscopia a fibre ottiche conserva il vantaggio dell’analisi bioptica della eventuale lesione o addirittura della sua estemporanea asportazione – ad esempio, un piccolo polipo). Un’altra importante applicazione è l’analisi vascolare di piccole arterie come le coronarie che si possono studiare, in soggetti non affetti da patologia acuta, in alternativa alla più invasiva coronarografia, e gli esami cardiologici dove la TAC multi-strato consente lo studio del cuore in un solo battito cardiaco, riducendo al minimo possibile le dosi di radiazione previste per il paziente. In generale, le immagini prodotte consentono un dettaglio anatomico eccezionale a fronte però di un consistente aumento della dose efficace di radiazioni al paziente, ragione per cui è molto importante la giustificazione razionale all’esame diagnostico.
Altrettanto importante è che la dose somministrata sia la minima indispensabile per ottenere il risultato diagnostico voluto (in inglese ALARA = as low as reasonably achievable, tanto bassa quanto ragionevolmente ottenibile).